Mage: Chronicles - Le due torri 2006 - Sogni

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Questo è un estratto di "extra gioco" dalla prima storia della cronaca Le due torri 2006; i sogni appartengono ai tre personaggi giocanti protagonisti della storia, e si riferiscono tutti ad un episodio cui hanno assistito (e partecipato) solo in maniera marginale, senza entrare nel vivo dell'azione. Tutti i personaggi (meno Carla) possiedono una connessione arcana con l'Inconscio Collettivo, e saltuariamente, in periodi di forte significato emotivo, ricevono nel sonno "sequenze" di visioni relative ad eventi cui hanno partecipato.

In questo caso, l'"evento" è la fuga di Antares dal gruppo di agenti Technomancer nel bosco sui colli ...

Il sogno di Endora[edit]

Un uomo si muove nella penombra del bosco: le costose Tod's che porta ai piedi, sporche di fango, calpestano ramoscelli secchi e gli aghi di pino che ricoprono il sottobosco, la sua elegante camicia di lino bianca è strappata in molti punti, come i raffinati pantaloni di fustagno scuri, sui quali il discreto logo Armani è stato brutalizzato da qualche rovo anonimo.

Da dietro il riparo costituito da un affioramento roccioso coperto di muschio, il Supervisore e gli uomini della squadra di intervento speciale della AEGIS lo guardano aggirarsi nella piccola radura ombrosa. E dannazione, mostrasse almeno un briciolo della paura fottuta che deve, DEVE, avere un Deviante quando è preso in trappola dai soldati dell'Unione.

"In fondo, non ha via di scampo, si direbbe" mormora uno dei soldati in divisa nera, nell'orecchio del Supervisore. La sua tenuta da antisommossa ha qualche mostrina in più di quelle degli altri componenti della squadra, ma quando il lavoro è sporco, tutti si sporcano allo stesso modo, ufficiali, ingegneri aerospaziali o soldati semplici ... "Non si direbbe a prima vista Jackob" gli risponde il Supervisore, mormorando allo stesso modo; con una calma, innaturale almeno quanto quella del paio di Tod's che passeggiano nel bosco, a due passi da una squadra d'assalto armata. "A prima vista..."

E mentre la frase finisce, come a voler dare un saggio sperimentale ad una affermazione così teorica, un soldato in divisa nera spunta da dietro un larice, alle spalle del fuggiasco; una canna di fucile, piuttosto convincente, puntata dietro la schiena, a sostenere convincentemente la minaccia. "Ok stronzo, adesso sbatti la tua barbetta da gay contro la terra e metti le mani sopra la testa! Veloce!"

L'uomo con la camicia strappata si ferma; poi si volta, mezzo sorridendo sotto la 'barbetta da gay': "si chiama moschettiera, ignorante".

Un altro mormorio, dal Supervisore all'ufficiale "Jackob, Chi diavolo è quell'idiota?" "Uno della squadra 7, credo ..."

"Allora non hai capito!" gli ordini del soldato sono decisamente più abbaiati, fa un passo verso l'uomo buffamente barbuto "TI HO DETTO FACCIA A TERRA!" e la canna del fucile si avvicina allo sterno.

"Agente, non mi risulta che mi si sia qualificato in nessuna maniera, per cui temo che non potrò accontentarla" e il mondo, per un breve attimo, esplode; parole roboanti, incomprensibili, e troppo basse e troppo riverberanti per essere pronunciate da una gola umana; rombare di tuoni, il lampo accecante di una fiamma grande quanto tutto il mondo degli uomini radunati intorno alla radura, e le grida mescolate di innumerevoli anime agitate in mezzo al rogo; una mano aperta a formare un incomprensibile gesto, improvvisamnte spaventoso quanto nessun terrore provato prima. E poi, di colpo il silenzio: una forma umana nera ancora in piedi, con un simulacro di fucile d'assalto ancora puntato, si disfa in ceneri come un castello di carte troppo piccole per essere distinte; un altro uomo, con una camicia di lino strappata, tiene la mano ancora protesa, e lentamente la richiude, mentre nere striature bruciate gli risalgono il braccio come serpenti pigri. "Detesto la maleducazione..." quante volte ha cercato di togliersi quel vizio delle frasi a effetto, ma niente, non c'è nulla da fare; e l'adrenalina non aiuta il self control ...

Dietro l'affioramento roccioso, uomini in divisa tremano; "che diavolo è stato, per Dio..." il Supervisore si prende qualche attimo per rispondere "E' un Flambeau, ecco cos'è". "Un Flam-cosa?" "Un Deviante Jackob, piuttosto pericoloso" "Questo l'ho visto anch'io! Ma dove vai!!"

Da dietro un cespuglio, oppure dalle ombre del bosco, compare l'Uomo in Nero; avanza di qualche passo verso il barbuto, che ora non appare più per nulla buffo. La scena surreale vede fronteggiarsi sue figure quantomani improbabili, in un sottobosco fangoso delle colline Felsinee: un uomo in giacca, cravatta e Ray-ban neri, e un altro vestito adeguatamente per un salotto letterario. Eppure nessuno dei due sembra accorgersi o reagire alla strana piega che la realtà sta prendendo ... come se alle stranezze della Realtà fossero abituati ...

"Dottor D'Ombrone" parla l'Uomo in Nero "L'exploit in cui si è appena esibito non le farà molto gioco temo ... non Ci piacciono i Devianti che inceneriscono i nostri soldati, specialmente se nel farlo non rispettano le leggi della Termodinamica" e probabilmente, nelle sue intenzioni, questa si avvicina ad una battuta di spirito più di quanto possa mai essere in grado un Uomo in Nero. Ma nessuno ride. E lui tiene in mano una piccola scatola scura lampeggiante, legata ad un laccio che gli pende dal polso, come a volerla ostentare nei confronti dell'Ermetico ... persino più della compatta pistola che stringe nell'altra mano.

"Mi è già capitato di avere a che fare con altri che ti somigliavano, tempo fa ... ma daltronde voi solerti giovanotti fascistoidi vi somigliate tutti, e non sono riuscito a spaventarmi a sufficienza davanti a nessuno di voi, purtroppo, fin'ora" sorride sprezzante D'Ombrone, e rialza le mani aperte, come a mostrarle vuote, ma forse altrettanto minacciose.

"Dottore, non Ci costringa a misure sgradevoli; i suoi metodi non ortodossi possono effettivamente ritardare di qualche tempo la conclusione ovvia di questa triste faccenda, ma sappiamo entrambi che di ritardo al massimo può trattarsi, e non certo di vittoria: per il semplice fatto che Noi siamo troppi, e lei uno solo. E Noi siamo più forti" e avvicinandosi di un passo l'Uomo in Nero sembra perdere qualche goccia della sua imperturbabilità "E mi creda se le dico" sembra, persino, che sommessamente qualche dente venga digrignato "Che quello era l'ultimo dei Miei uomini che lei assassinerà con i suoi metodi da prestigiatore codardo"

Una pistola di strana foggia si alza all'altezza dell'anca dell'Uomo in Nero, e diverse canne di fucile appaiono d'improvviso, coordinate, intorno alla radura, da dietro gli alberi, o i cespugli, o le ombre; e due mani segnate da nere bruciature serpentiformi si alzano a loro volta, le sillabe di alcune parole non umane pronte ad essere proferite.

E di colpo il mondo esplode di nuovo: ma questa volta il tuono viene da lontano, dal limitare del bosco, ed è accompagnate dalle grida di qualcuno che muore bruciato; e il tuono è tanto forte, che pistole, fucili e parole vengono sbalzate a terra, mentre una nuvola di polvere, terra e nebbia di spiriti si sollevano dalla radura ...

Il sogno di SEI[edit]

Il sogno di Carla[edit]